
Edifici abusivi, i vicini possono chiederne la demolizione
I proprietari confinanti possono sempre fare ricorso contro una costruzione realizzata in modo illegittimo, anche senza provare il danno causato dall’opera abusiva. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza 2556/2015, che precisa «per poter agire non è necessaria la prova di un danno specifico, perché il danno a tutti i membri della collettività è insito nella violazione edilizia».
Il precedente: ecco com’è andata
Nel caso specifico preso in esame, il Comune aveva rilasciato il permesso di costruire per la ristrutturazione di un fabbricato e il recupero di un sottotetto. I lavori erano stati eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo, realizzando un’altezza di gronda maggiore di quella dichiarata, un cambiamento della sagoma e la trasformazione delle finestre in porte-finestre.
Una volta accertate le violazioni, il Comune aveva ordinato la demolizione di parte delle opere abusive, mentre per le altre era stata prevista una multa.
Il proprietario dell’edificio su cui erano stati eseguiti i lavori aveva però fatto ricorso contro l’ordine di demolizione del Comune, sostenendo che la segnalazione sul mancato rispetto del titolo abilitativo era stata inviata dal proprietario confinante, che a suo avviso non aveva nessun potere di azione.
Al contrario i giudici hanno spiegato che i proprietari degli immobili situati in zone confinanti o limitrofe a quelle interessate da un permesso di costruire possono sempre impugnare i titoli abilitativi che incidono sulle condizioni dell’area e che possono quindi pregiudicare la loro proprietà, l’assetto edilizio, urbanistico e ambientale della zona.