
Lo strano caso dell’Istituto Marchiondi, un ecomostro da museo
Il mese scorso avevamo parlato delle brutture di Milano, segnalando alcuni degli ecomostri più evidenti. Oggi andiamo a parlare di uno di essi, l’Istituto Marchiondi.
La storia dell’Istituto Marchiondi – poi diventano Istituto Marchiondi-Spagliardi – ha caratterizzato la Milano ottocentesca, arrivando fino alla fine del secolo scorso. Dentro questo istituto venivano ospitati i cosiddetti “ragazzi difficili”, rinchiusi per un periodo di riabilitazione.
Il primo Istituto Marchiondi non spravvisse alla Seconda Guerra Mondiale e ai bombardamenti che colpirono la città meneghina. A seguito di questi tragici eventi venne affidata la costruzione di un nuovo edificio in zona Baggio – il progetto fu approvato nel 1952 – che vide la luce nel 1957.
L’architetto che progettò il Marchiondi fu Vittoriano Viganò, uno dei capostipiti del Brutalismo italiano, autore anche del progetto della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Il plastico del riformatorio milanese è esposto al MOMA di New York, esempio costruttivo perfetto di un’epoca in cui il cemento la faceva da padrone.
Nonostante quello che si possa pensare vedendone lo scheletro oggi, il Marchiondi fu un istituto all’avanguardia dal punto di vista costruttivo. Niente sbarre, spazi comuni, colori accesi… come ricorderà più tardi il suo progettista
“Chi ha veramente compreso il Marchiondi non sono stati gli organizzatori, le autorità scolastiche e pedagogiche, i colleghi, i critici di architettura che pure mi hanno fatto tanti complimenti: sono stati i ragazzi. Non potrò, credo, dimenticare il grido di gioia con cui sciamarono dentro, l’entusiasmo con cui presero immediato possesso della attrezzature, degli armadietti, dei porta-abiti.”
L’Istituto, diretto dal famoso neuropsichiatra Angelo Donelli, fu chiuso nel 1970. Da lì in poi ha vissuto un lungo periodo di decadenza e ora galleggia in un tremendo limbo. Grazie al giusto interessamento di Vittorio Sgarbi fu catalogato come edificio di interesse storico e quindi finì sotto la protezione delle Belle Arti. Questa protezione però non potè impedire gli oltre quarant’anni di vandalismo e incuria.
Anche il Politecnico di Milano ha rinunciato a riportare l’Istituto Marchiondi agli antichi fasti a causa dei costi insostenibili.
Attualmente quello che fu un edificio innovativo e un’istituto avanti coi tempi marcisce sotto lo sguardo dei rom e dei vagabondi che lo hanno eretto come campo, tra uno sgombero della polizia e l’altro.
La pace avverrà solo quando le ruspe potranno concluderne la troppo breve vita. Per il momento è solo un lungo, lunghissimo, accanimento terapeutico.