Ecomostri

La Liquichimica di Saline Joniche. L’Italia degli sprechi e del malaffare

Gli ecomostri sono sempre frutto di errore e malaffare. Quello che leggerete qui però, purtroppo, riuscirà ancora a sorprendervi. E non sarà una bella sorpresa.

Antefatto. 1971. La regione Calabria, più precisamente la provincia di Reggio Calabria, viene premiata dal cosiddetto “pacchetto Colombo.” Emilio Colombo, storico politico potentino della DC e ultimo dei padri costituenti a lasciare questo mondo, ha sostanzialmente varato un piano per il rilancio dell’industrializzazione del sud Italia. Trecento miliardi delle vecchie lire sono finiti a Saline Joniche per la costruzione della Liquichimica.
 

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La ciminiera che svetta a Saline Ioniche

Saline Joniche era un posto meravigliosamente incantevole. Verde. Un paesaggio che avrebbe lasciato a bocca aperta qualsiasi turista. Quando iniziarono a costruire la Liquichimica, e il porto antistante, vennero devastati due km di costa e 700.000 metri quadri di territorio. Il progetto prevedeva l’edificazione di un’azienda, il polo industriale più grande d’Italia, che avrebbe prodotto mangimi animali derivati dal petrolio. Poco importa che il porto fosse progettato male, e infatti oggi è sostanzialmente inutilizzabile. Poco importa che il genio civile avesse dichiarato la collina pericolosa, annettendo una dettagliata perizia. Il direttore del Genio Civile è morto in un misterioso incidente stradale, la perizia sparita con lui.
 

In soli due anni viene edificato tutto: porto, fabbrica e una torre di 174 metri di altezza, che svetta tutt’ora sulla zona. 750 nuove assunzioni di personale che lavora solo poche settimane. Come facilmente pronosticabile, la nuova produzione di derivati petroliferi è altamente inquinante. Serrande chiuse, ma i boss della zona avevano già riempito le loro tasche grazie alla costruzione della struttura e allo sfruttamento del porto, utilizzato per importare eroina dal Libano e rifiuti tossici da chissà dove.
 

mare saline joniche liquichimica

Un tratto del mare in località Saline Ioniche

L’azienda fallisce, lo Stato si accolla gli stipendi dei dipendenti, alcuni dei quali fanno oltre vent’anni di cassa integrazione e, sostanzialmente, raggiungono la pensione senza mai aver veramente lavorato. Però non si può buttar via un investimento simile per cui si continua a sganciare denaro per far si che tutto non vada allo sfascio. Cosa che puntualmente accade quando la Liquichimica viene venduta alla SEI, un consorzio di privati calabresi che hanno smantellato lo smantellabile e venduto tutto il vendibile.
 

La torre svetta ancora. Incredibilmente, un anno fa, emise addirittura fumo nero. Cosa mai sia stato bruciato in quel forno nessuno lo sa. Tutti però sanno che la zona è ormai usata come deposito di rifiuti tossici e cancerogeni come matasse di amianto e imprecisati liquidi. Ci sarebbe anche una denuncia dell’ANDADIC, una onlus che si occupa della protezione del territorio. C’è Legambiente. Tante voci si sono alzate dal coro, compresa Striscia la notizia.
 

La voce più forte però è quella di una società svizzera, la Repower, che vorrebbe sfruttare l’area recentemente acquisita per costruire una centrale a carbone, trasformando la costa calabrese in una nuova Inghilterra del 1800. Il sindaco di Montebello Guarna si è opposto e ha trovato un gatto scuoiato con una pallottola al collo appeso fuori dal Comune. Qualcuno dice che i fatti siano slegati. Facciamo finta di crederlo. Di seguito un interessante servizio proprio sull’argomento e sul Bergamotto, prodotto tipico calabrese.
 

Quello che certo è che lo Stato Italiano ha versato nell’affare Liquichimica circa 1300 miliardi delle vecchie lire. Dove siano finiti quei soldi penso sia palese.
 

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