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Ravenna. Molte polemiche attorno alle demolizioni nell’ex area Sarom

Molte città italiane sono state segnate dal boom industriale del dopoguerra. Fra tante, Ravenna e la Sarom.

Due personaggi di spicco hanno fatto la storia di Ravenna, almeno a livello nazionale: Raul Gardini e Attilio Monti. Se di Gardini si ricordano la Montedison, la grande aggressività imprenditoriale e il triste declino – culminato con un suicidio, prima del probabile arresto nell’inchiesta Mani Pulite – Attilio Monti ha sostanzialmente trasformato la città di Dante in uno dei poli principali del settore petrolchimico italiano.
 

La prima azienda ad aprire a Ravenna fu la SAROM – Società Anonima di Raffinazione Olii Minerali – e, proprio grazie a essa, la città visse un boom demografico. In vent’anni, dal 1951 al 1971, la popolazione crebbe di quasi il 50%, passando da 91.000 a oltre 130.000 abitanti. Contadini e braccianti si riversarono in massa in città per lavorare nelle aziende di settore, consentendo a Ravenna di diventare uno dei principali porti italiani sull’Adriatico.
 

hammon antonioni

Una delle Torri Hammon, sfondo del film "Deserto rosso" di Antonioni

Di quella stagione fiorente – tramontata con la crisi energetica di fine anni settanta – ora restano solo macerie e aree da demolire. La Sarom fu venduta all’ENI per il simbolico prezzo di una lira nel 1981, assieme al suo fardello da oltre 500 miliardi di debiti. Proprio quell’area ora è territorio di discordia, un misto di ricordo del passato e necessità di un nuovo futuro.
 

Il pomo della discordia ruota intorno alle due torri Hammon. Il progetto di riqualifica dell’area – per cui sono già state fatte ampie opere di demolizione – non prevede la presenza delle due torri. Molte persone, legate al periodo di una Ravenna rampante, credono però che entrambe le costruzioni vadano salvaguardate, protette come monumento storico.
 

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L'area Sarom, in una foto del 2011

Nonostante l’area di ingombro delle torri non si particolarmente estesa, il presidente di Ap Parrello aveva posto la loro demolizione come condizione principale per far avanzare il progetto di restauro dell’area, che prevederà l’arrivo di un polo nautico e la creazione di circa 5000 nuovi posti di lavoro.
 

Contro tale affermazione si erano apertamente schierati gli aderenti al Movimento 5 Stelle, forti anche dei sondaggi che vedevano i cittadini ravennati contrari all’abbattimento, sostenendo che le torri Hamon sono l’ultimo ricordo di una stagione indimenticabile per la città e vanno tutelate come beni storici.
 

Era il 2011. Nel 2013 i fondi destinati alla cosiddetta “Cittadella della Nautica” sono stati dirottati sul polo universitario, dipartimento di scienze ambientali. Del progetto non si parla più. Proseguono le demolizioni, senza un progetto credibile. Le torri resistono. Il ricordo che portano con loro, anche.
 

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