
La demolizione dell’ex Black&Decker di Civate, l’industria che non c’è più
Lecco e il suo circondario erano la città del ferro, territorio ricco di fabbriche e di lavoro. Territorio che, rapidamente, sta mutando.
Si parla da anni della cosiddetta crisi, che cancella industrie importanti che hanno portato lavoro e ricchezza nel territorio lecchese. Un periodo storico che non esiste più e ha portato il territorio a reinventarsi, ricordandosi che lago e montagne possono tornare utili anche per il turismo. Un mutamento lento, ma che sta avvenendo piano piano.
Sembrano passati secoli, ma era solo vent’anni fa quando – in un articolo del Corriere della Sera – la Black&Decker era un’azienda florida e redditizia. 40 posti, assunzione immediata, per far fronte a un’incredibile aumento della richiesta. Solo quattro anni dopo l’azienda americana lasciava il territorio, vendendo alla Sandrigarden gli stabilimenti di Molteno e tirando giù la serranda a Civate. La fabbrica fu acquisita dall’impresa Carsana, fallita nel 2001, e da lì in poi è stato un susseguirsi di voci e sussurri, senza nessun atto concreto.
Dopo anni, alla fine del 2013, sono iniziati finalmente i lavoro di demolizione di un edificio che troneggiava nel centro cittadino, senza per altro ben sapere cosa fare degli oltre 28000 metri quadri occupati. L’idea sarebbe di una divisione che porti 8500 mq all’edilizia residenziale, altrettanti a quella commerciale e oltre 2000 per il miglioramento turistico della zona.
I Lavori di demolizione dell’edificio sono stati affidati alla ditta vicentina Safond-Martini, che già si era occupata di abbattere altre storiche fabbriche lecchesi come la Badoni e il Caleotto. I sette mesi di lavori programmati stanno terminando. Entro marzo è stata bonificata l’area, ora si stanno abbattendo le strutture, rivelando un panorama meraviglioso.
“Sono davvero soddisfatto della professionalità e dell’impegno che Safond-Martini e Tecno Habitat stanno investendo in questo cantiere” ha affermato Baldassare Cristoforo Mauri, Sindaco del Comune di Civate.
La morte definitiva della fabbrica, dopo quindici anni di agonia, è l’ennesimo segno che il territorio sta cambiando. Vedremo se autorità e cittadini riusciranno a cavalcare questo cambiamento.